IKEA: Si poteva Evitare il #Fail di Spazio Cambiamento?

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Quando accadono strategie o comunicazioni errate spesso si associa al brand la parola #FAIL, soprattutto su Twitter come hashtag, stessa cosa è successo per l’ultimo progetto di IKEA.

IKEA è un brand molto presente sui Social Media, ed i canali sono usati in modo professionale, ma capita prima o poi di incappare in qualche problema di comunicazione, ed è necessario saper agire in modo efficace.

In questi casi è molto facile buttare ulteriore fango sull’accaduto, soprattutto se siamo costretti ogni weekend ad andare a visitare l’IKEA e non poter giocare con le palline colorate come fanno i bimbi.

Oggi invece vorrei condividere con IKEA e con voi, come era possibile prevenire, evitare e rimediare a questa errata comunicazione.

Il Caso

IKEA lancia una campagna di sensibilizzazione sul sito SpazioCambiamento.it nel quale invita i propri lettori a lasciare un feedback su idee e suggerimenti sul tema “cambiamento” e a creare il nuovo manifesto.

Nel frattempo succede un caso mediatico, nel quale vengono licenziati circa 107 facchini a Piacenza in sede IKEA, ma nessuno si accorge che non è stata IKEA a licenziare, ma la coperativa COOP alle quali sono appaltati i servizi di trasporto materiali alle sedi IKEA.

IKEA sui canali social, soprattutto su Twitter ha risposto molte volte indicando link nel quale leggere la precisazione, che alcuni TG hanno ripreso, ma che in molti ormai vedevano come Diavolo il brand IKEA.

Quindi IKEA non è il responsabile diretto, ma il progetto SpazioCambiamento.it viene preso di mira, e il colpevole assoluto diventa IKEA, che viene inondata in un primo momento di messaggi di insoddisfazioni e dopo qualche giorno messaggi scurrili, volgari con tanto di link a siti pornografici.

Come IKEA poteva PREVENIRE questo FAIL?

Quando un Brand mette a disposiziona la possibilità di ricevere feedback in modo pubblico, è inevitabile inserire un controllo/filtro su determinate parole e avere una moderazione semi-automatica.

Ho avuto modo di partecipare a pianificazione strategiche su progetti simili, e ovviamente quando si offre la possibilità ai propri utenti di inviare contenuti, testi, video, foto devono sempre essere moderati a monte per salvaguardare la privacy degli utenti e l’identità del brand.

IKEA ha voluto puntare sulla trasparenza, ma forse si poteva fare lo stesso con una moderazione a monte, nella quale i messaggi venivano filtrati in modo semi-automatico, e forse non sarebbe successo quello che è successo.

I Social Media sono delle piazze virtuali pubbliche, ed è sempre meglio prevenire qualsiasi azione negativa verso il brand.

Era necessario banalmente un login con con Facebook o Twitter per, almeno in prima battuta, diminuire il flusso di TROLL, oppure ancora una persona che in modo semi-automatico, grazie a un filtro parole chiave, potesse dare una conferma di pubblicazione.

Questo non è successo, e purtroppo ha aperto la porta a diverse persone insoddisfatte, persone che non hanno ben capito le cause e forse i veri colpevoli e infine a molti troll che non hanno niente da fare.

Come IKEA poteva EVITARE questo FAIL?

La gestione di IKEA in questa crisi non è stata delle migliori, infatti dopo circa 2/3 giorni “di nulla” nel quale continuavano ad arrivare messaggi non moderati e molto discutibili sul progetto SpazioCambiamento.it decidono di oscurare la pagina.

Infatti su Twitter iniziano a comunicare di un attaco alla loro insaputa, ma non di TROLL come spesso può capitare, ma di “professionisti del settore”.

Ma a chi possiamo dare la colpa? Hacker. Ecco l’Autogoal.

Che poi mi chiedo, non era più credibile che fosse tutta colpa dei MAYA? Anche perchè non c’era nulla da hackerare, i messaggi non erano moderati e tutti potevano scrivere quello che volevano.

Se fossero stati davvero questi fantomatici hacker, avrebbero oscurato il progetto molto prima di IKEA.

Queste azioni hanno provocato un vero #FAIL in piena regola, rilanciato da diversi utenti sui svariati social media.

Come IKEA poteva RIMEDIARE questo FAIL?

La Strategia è come una partita a scacchi, fai la tua mossa senza poter cambiare la tua scelta, puoi solo fare un’altra mossa.

Per fortuna non abbiamo solo 32 pezzi e 64 caselle in cui pianificare la nostra strategia, ma il campo e le attività sono quasi infinite.

Il caos è nato tutto su SpazioCambiamento.it e quindi perchè non usare lo stesso sito per rimediare nella comunicazione errata e percepita da molti in modo sbagliato?

Invece di oscurare il sito e incolpare una categoria di professionisti che potrebbero attaccare sul serio un sito di una grande Azienda com IKEA, avrei puntato nel ri-pianificare una strategia sullo stesso sito per promuovere la verità dietro questa faccenda, iniziando a moderare e ri-progettare l’invio di feedback pubblico.

Il progetto SpazioCambiamento.it è la scena del crimine, nella quale quasi paradossalmente è possibile discolparsi da colpe forse non del tutte da accollare al brand IKEA.

Invece di mettere su un telo bianco, potrebbe essere molto più streategico, usare quel campo per mostrare effettivamente le cose come stanno.

E Tu cosa ne pensi di questo caso?

Spero che queste poche righe possano permettere a IKEAITALIA di non lasciare il proprio progetto SpazioCambiamento tra le case history negative che sentirò molto probabilmente in seminari di Comunicazione e Web.

Se i primi due aspetti, Prevenire ed Evitare non sono stati colti rimane l’ultimo, ovvero Rimediare, forse quello più difficile, ma utile per cambiare la case history da negativa in positiva.

Stratega, Docente, Speaker con più di 12 anni di esperienza in strategie creative multicanale. Oggi sono Partner & Chief Innovation Officer di ThinkingHat, Innovation Studio specializzato in tecnologie emergenti per aziende e brand audaci.

11 Commenti

  1. Cristina

    secondo me, dopo aver spiegato come effettivamente sono andate le cose, avrebbe potuto aprire una pagina simile a quella del manifesto contenente annunci di lavoro (magari presi in collaborazione con agenzie per il lavoro) inseriti da ikea o da altre persone che cercano dipendenti.

    Anche se non è funzionale per l’azienda, dimostrerebbe la vicinanza del gruppo ikea ai suoi (ex)dipendenti e alle famiglie (target a cui molto spesso puntano)

  2. La cosa che sinceramente non capisco è perchè dare la colpa agli Hacker…. te li metti solo contro…

    Anche un bimbo di 5 anni con il vostro modulo, aggiornando la pagina dopo aver inviato il messaggio poteva re-inviarlo più volte nello stesso momento….

  3. Bel ragionamento Julius, guarda che poi quelli di IKEA ti assumono cosi magari fanno le cose come si deve!

  4. Marcello

    Molto interessante la tua visione, concorso sui tre aspetti fondamentali. Normalmente si Previene a monte…

  5. Julius tu la vedi troppo pulita la posizione di Ikea.

    Come si poteva prevenire questo fail?
    Semplicemente non chiamando le forze dell’ordine per far caricare i manifestanti…

  6. Quoto pure io al 100% Pupixel, aggiungendo che dire “non siamo noi a licenziare ma un nostro fornitore che licenzia” (delle persone che lavorano solo per IKEA) non ha senso se non l’accettazione di un sistema marcio.
    E che qualificare di troll le persone che sono andate a criticare IKEA mi sembra deviato. Sono persone che esprimevano la loro propria e vera opinione, non dei troll.
    Detto le condizioni, il come si poteva evitare era semplice: sospendere il progetto.
    La cosa che mi stupisce: sapere che i loro negozi sono pieni ma che alla prima opportunità la gente li massacra.
    Personalmente, nella catena di negozi fondata di un membro del partito nazista svedese (senza maiuscola) non ci ho mai speso un euro. Per coerenza.
    Leggete pure i problemi di spionaggio di dipendenti e clienti che hanno in Francia se vi interessa…

  7. A prescindere dalla buona fede o meno di ikea, non dimentchiamo che Julius pone l’accento sulla comunicazione digitale. E su quel versante non ci siono dubbi: l’azienda ha del tutto cannato la strategia online.
    Questo avviene perché molto spesso, anche i grandi marchi tendono ad usare i nuovi media senza capirli fino in fondo. Se fossi un dirigente ikea verrei qui a prendere appunti.

  8. perplesso

    Bah, io credo piuttosto che la vicenda si possa riassumere in tre parole: coerenza, sfortuna e demagogia: Ikea, coerentemente con la propria reputazione, imposta una campagna che in piena trasparenza non censura nessun commento, credo evidentemente non potendo immaginare quello che sarebbe successo lontano dagli uffici marketing.
    Viene travolta da un fatto di cui non è responsabile e successivamente utilizzata come brand per dare risonanza alle proteste dei manifestanti. Continua a non censurare, cioè resta coerente a dispetto della difesa dell’immagine a tutti i costi, e scatena anche, oltre alle proteste, la difesa di molti (nelle ultime ore di vita del sito i commenti a sostegno di ikea si sono affiancati a quelli dei “boicottatori”).
    Siamo sicuri che anche moderando il sito, la campagna virale dei boicottatori (quella, piuttosto, dovrebbe diventare un più utile caso di scuola!) non si sarebbe scatenata su altri mezzi?
    Sulla demagogia, anche per dare qualche spunto di approfondimento a qualcuno: si è detto di tutto e di più sull’accaduto, ma andando a leggere bene quello che è successo le cose sono molto diverse da come sono state raccontate (e i dipendenti che i media davano per licenziati, che invece non lo sono mai stati, si sono sgolati a favore di Ikea anche sulle pagine facebook dell’azienda)

  9. Julius, quando dici che l’Ikea non è diretto responsabile dei licenziamenti fai l’avvocato del diavolo! Ikea è l’azienda grande e florida che deve assumere e non stare lì a guardare con la pancia piena i maltrattamenti di quelli che lavorano nel suo indotto e che vengono cacciati. Tantomeno dovrebbe mandargli la polizia, no?
    Per quel che riguarda il focus sulla strategia mediatica, invece, concordo con la tua visione della cosa.

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